domenica 24 novembre 2013

Sempre in tema di Costituzione materiale




Dal punto di vista giuridico, l’attualismo di ciò che ottiene e/o guadagna effettività, e si consolida o si è consolidato, è anche un che di congeniale alla psicologia e il diritto lì si trova in difficoltà.
Sempre in tema di Costituzione materiale, ad esempio, dopo le lezioni di Schmitt, Kelsen e Mortati, la domanda può essere la seguente: la classe politica, il suo rapporto effettivo col paese reale, fa parte di detta Costituzione? Oppure: ne fanno forse parte i termini reali del rapporto di lavoro dipendente e la condizione di quello cosiddetto «libero», con i tradizionali esiti di giurisprudenza? Se il problema è che cosa sì e che cosa non, allora la questione si mostra subito debole dommaticamente quanto facilmente strumentalizzabile, laddove una riforma del testo costituzionale potrebbe snaturare di questo e il senso e le finalità.
E - anche - il dubbio in tutto ciò è che della Costituzione materiale si siano coltivate visioni apertamente ideologiche per quanto è nei termini originari della questione; oppure se ne sia elaborata una visione costituzionalistica, comprensibilmente rigida e preconcetta, laddove l’ideologismo - lo si potrebbe dire anche puramente giuridico se non fosse necessariamente anche repubblicano o antiautoritario - è rimasto inconfessato.

domenica 17 novembre 2013

Per una teoria delle "più economie"




Può esservi crescita economica in un paese pur aumentandovi la disoccupazione (ovvero: più soldi vanno al paese legale-istituzionale e/o alle banche, meno ne vanno al paese reale, meglio ai cosiddetti consumatori): ecco la lucida affermazione di un ministro del governo, cui bisognerebbe riconoscere un valore scientifico positivo. Perché in fondo la questione è la seguente: di quale economia si parla, parlando di economia? Comunque sia, essa così già non è più una; e se appare retorico opporre semplicisticamente il paese reale a quello legale o istituzionale e del pari lo è parlare di crisi economica generalizzando, è anche bene che quella contrapposizione, pur simbolica o idealistica se vogliamo, non sia mai messa da parte o rimossa. 
Che cos'è in fondo l'economia se non solo essa è riconoscibile in atti o gesti semplici quali l'antica traditio, l'azionamento di un aratro per la coltivazione di un campo, il cambio della dimora o la nascita di un figlio; e drammatici, quali un furto, una lite, l'appropriazione violenta di un territorio, un omicidio, un sequestro, un episodio di cannibalismo; ma in fondo ogni atto, per dire una qualsiasi azione, può essere letto come economico? 
Questa sensazione del molteplice e del reciprocamente irriducibile indica che nella interpretazione di azioni o situazioni economiche non tanto varrà la reductio ad unum dogmatica quanto la irriducibilità dell'una all'altra e il conflitto, sia pure latente, che sempre deve poter essere individuato. 
La teoria che è qui suggerita, delle più economie, se può esservi letta una regola - una fra le tante che si possono scoprire con la onestà scientifica e l’intelligenza di un crescente realismo storico -, dimostra o suggerisce fra l'altro che tanto le istituzioni cosiddette «democratiche» possono divenire indifendibili se occupate da persone corrotte e immorali, quanto è astratto e parziale parlare di economia come se essa fosse una e una sola e quella e solo quella. 

domenica 3 novembre 2013

De Fontenelle



Un cœur oublié, ovvero quale occasione migliore di un film, sulla vita del signor de Fontenelle - romanzata, certo, per ruotare attorno al fatto che costui alla età di oltre ottant’anni si fosse invaghito di una bella fanciulla, di maniere dolcissime e d’ingegno non comune - per comprendere almeno due cose della storia: che la libertà è quello zefiro che soffia su qualcosa come una Enciclopedia - dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers ovvero il bisogno di riunire il sapere promuovendolo come in un exploit -, confortandola e proteggendola e che la libertà nel pensiero così data, che solo trova modo di svilupparsi nei salotti, laddove lo spirito e la parola non abbiano il tempo di occuparsi dei bisogni materiali, apre il varco alla libertà politica; che è però altra cosa da quella, ha altra natura. Voglio dire: il nesso merita di essere ritenuto piuttosto sorprendente che ovvio. 
Intendo ripensare un po' in questo anche il legame fra illuminismo e rivoluzione francese e di come la libertà di un Voltaire, di un Diderot o di un d’Alembert, pur non coincidendo con quella ma a quanto risulta ad essa avendo dato l’avvio (non basta la Riforma per spiegare le rivoluzioni borghesi), siano stati il pretesto per altra libertà, pragmatica, che sarebbero state piuttosto istanze di giustizia ed eguaglianza economico-sociale e umana, tolta alle confessioni religiose, unitamente al potere sulle scienze, la forza della promessa.