venerdì 18 gennaio 2013

Italia "liberale"



All’improvviso - stavo leggendo un libro di recente edizione dedicato a un polemista cattolico e al suo pensiero sulla legittimità del Risorgimento nazionale -, ripensando alle dichiarazioni rese in questi giorni in televisione da alcuni parlamentari, già esponenti politici del cosiddetto "centro-destra", sono stato raggiunto da una sorta di folgorazione: abbiamo dunque nuovamente - mi sono detto - una Italia "liberale"? Addirittura una nuova Italia, culla del liberalismo? E meglio: coloro che prima facevano un po’ come i "cattolici liberali" di Francesco de Sanctis, scettici ma che si battevano il petto in Chiesa, ora proclamano, quasi a procurarsi un nascondiglio, o una verginità di pensiero: “io mi considero un liberale”, “io sono sempre stato liberale”. 
E mi viene in mente a questo proposito il motto di un docente presso la facoltà di Scienze politiche della università "La Sapienza": i liberali sono imprevedibili. Già, ma  non lo sono forse anche gli illiberali?; e il problema è: in che senso? O che non fosse semplicemente una battuta nobilitante? Eppoi è comunque verosimile che così il liberalismo si ripresenti un po' come quello di sempre nella mente dei più: per significare tutto e niente. 
Ma si tratta veramente, considerando chi ne parla, di liberalismo? Non so in quanti fra costoro abbiano letto o riletto (non voglio dire meditato) gli scritti di Benedetto Croce, di storiografia e di filosofia; non so in quanti siano disposti oggi, riallacciandosi a Bertrando Spaventa e allo stesso Croce, a qualificarsi come neo-idealisti, concetto credo non poco arduo per un pensiero che se è debole non lo è innanzi tutto nei suoi teorici.