sabato 18 maggio 2013

Existentialisme … malgré lui (brevi riflessioni, anche sul personalismo filosofico)



Io traggo il mio piacere (o di che dire?) dalla paura del nulla. Io e il nulla così è come ci spartissimo tutto, per una mia naturale tendenza al piacere e per non sapere personalmente che cosa sia davvero il nulla. E gli itinerari pensabili qui sono due: o io contrappongo al nulla il tutto e/o l’Uno, di divina istituzione o di plotiniana memoria, oppure io solo restando immerso in ciò che sento (e il mio sentire qui è recondito) e definisco come “nulla” proclamo il tutto ma come un quid che lo sostituisca. 
Ciò mi accade però senza che io possa davvero identificarmi col nulla: posso decostruire, destrutturare; può accadermi soprattutto in periodi di difficoltà economiche e/o di cattivi rapporti sociali e affettivi, che io a tratti non mi riconosca più in questa o quella cosa che faccio, che emergano nel disagio o a causa dell'età aspetti della personalità totalmente sorprendenti, che io poco prima ignoravo completamente; ma il nulla resta - se non si vuole incorrere ancora nella dialettica idealistica - quanto meno nella condizione del sentimento o dell’istinto, o della traducibilità in motto; in un buio irriducibile. E poiché posso sospettare che nemmeno il suicidio mi doni il nulla, resta da osservare quel sentire, o sentimento, per quello che se ne può cogliere con riferimento almeno al nostro tempo e meglio alla nostra contemporaneità. E io qui non trovo termine più generale ma indicativo della parola “morale”. Ovvero se non esiste il nulla allora esiste una sfera tematica generale che definiremo “morale”. 
È un po’ questa - credo - la via esistenzialistica che mi sembra più di un filosofo o pensatore a noi coevo si trova o si è trovato a percorrere, e aggiungo subito senza nulla voler togliere all’esistenzialismo: malgrè lui, cioè senza volerlo, senza aver prima determinato itinerario o percorso.