giovedì 22 agosto 2013

Il diritto e il male (corruzione, economia e altro)




Razionalizzare il male? Sapendo che sino predicare la concordia e l'amore può valere a nasconderlo? 
E anche: razionalizzare la letteratura sul male, o del male? Per ciò: che le immagini possono essere di comodo e che cinema e letteratura usano trasfigurare la sostanza? Certo, anche questo proposito ha la sua arduità. 
Il tema, per il fatto stesso di scriverne o di parlarne, torna sempre ad essere per me quello dell'eterno rapporto fra diritto e morale, potendosi ritenere il diritto oggettivo, o positivo - quando esso non sia discutibilmente lo strumento ideale per ottenere l'obbedienza al precetto religioso -, una traduzione di contenuti morali in altra forma, che consiste in regole oggettive, delle quali è chiesta ex auctoritate la generale osservanza. 
Vi era tempo fa e vi è tuttora un confronto, che m’incuriosiva - e m'incuriosisce - tra gli asserti di due filosofi importanti quali san Tommaso e sant’Agostino. L’uno sosteneva - nel de veritate - che qualunque atto avvenga, esso avviene nella «presunzione […] che ciò che compiamo sia sempre quacumque ratione un bene» e cioè: «Il male, in quanto male non può essere lo scopo di un’azione umana, qualunque essa sia. Nel momento che la deliberiamo, la consideriamo, in quella particolare circostanza, un bene». L’altro scriveva grosso modo - nel de civitate Dei - che solo ogni opera di Dio è buona, che solo Dio è la vera fonte del bene.