lunedì 17 marzo 2014

I troppi uomini "della Provvidenza"...



Benito Mussolini, il duce del fascismo, già anarco-sindacalista, già socialista, già uomo della irriverente prometeica “prova dell’orologio” (grosso modo: "Dio, se esisti, ti chiedo di fulminarmi entro cinque minuti!" - e al sesto il pubblico contadino d'occasione s'impressionava), nella sua ascesa al potere fu salutato dalla Chiesa Romana come “uomo della Provvidenza”. 
File:Mussolini mezzobusto.jpg
Qualcosa di analogo è avvenuto “mutatis mutandis” circa settant’anni dopo con Silvio Berlusconi. E il popolo italico, si sa, come sgradisce i fatti in quanto tali e ne ama invece la rappresentazione, così attende spesso il blessing della Chiesa, per sentirsi giustificato per ciò che fa o sente. 
Vi sono in altre parole periodi storici critici, burrascosi e di forte disagio-possibile trasformazione sociale nei quali alla sensibilità comune l’orizzonte appare buio, o la situazione economico-politico-esistenziale confusa e di difficoltà crescente, o come sospesa sul vuoto (nel primo caso gli effetti della prima guerra mondiale, nel secondo quelli di “mani pulite”). Ovvero anche: vi sono momenti nei quali i poveri ma non solo hanno paura di diventare più poveri, i piccolo-borghesi vivono l'incubo della retrocessione socio-economica, i ricchi temono di perdere potestà politica e soldi, gli aspiranti ricchi le loro chances di successo e tutti - pur l'uno contro l'altro - hanno bisogno di maggiori - non limpide - 'certezze' per il futuro. Ed è allora che si cerca, in mancanza di puri e casti - l’uomo forte, o comunque un po' superumano, che sia duca: garantisca per tutti e infonda sicurezza. 
File:Silvio Berlusconi (2010).jpgEgli può essere un principe, magari che cavalca un bianco destriero - il che sazia davvero la fantasia infantile -; ma no!, non può esserlo, e può essere invece un homo novus politicamente parlando, al quale perché nuovo e un po' "qualunque" è quasi istintivo ascrivere poteri taumaturgici e quasi più che naturali. Così uomo nuovo sarebbe potuto essere un dictator all’epoca della repubblica romana antica, piuttosto che un infante nell’epoca delle moderne monarchie assolute, chiamato a risollevare le sorti di una "nazione" in declino. Un uomo della Provvidenza, dunque, come uomo nel quale riporre ogni speranza, cui rimettersi sino rinunciando a certe libertà. E a questi profili avrei potuto aggiungere immediatamente Hitler, per non dire Stalin e altri "capi" politici per lo più funesti, se non fosse stato per una mia deliberata volontà di ... moderazione. Ma tant'è e credo che l'uomo nuovo sia accostabile molto al tiranno greco antico, equidistante dalle aristocrazie quanto dalle democrazie; una figura forse fortunata, in contesti supermoderni (!) di società di massa e di crisi dei partiti. 

Una rivoluzione possibile? (ma parlamentare, necessariamente)




Di questi tempi la sensazione è che si stia andando verso una (o si versi già in un clima di) impasse istituzionale, e l'opposto se vogliamo dell'armonia, a causa dei troppi interessi torbidi che i vari governi si sono impegnati e s'impegnano a tutelare; a causa sostanzialmente della corruzione che soccorre in un modo determinante le forze della conservazione e del privilegio, le quali sempre rivelano di essere più estese e di avere più radici di quanto si pensi. E certo la medicina della revisione costituzionale, addirittura con il ventilato attacco all’articolo 138 (“Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione”, laddove sottolineerei anche quel "ciascuna Camera"), è di quelle di cui nella più rosea delle ipotesi non si conoscono ma si possono temere gli effetti collaterali.