È più che presumibile che vi siano fasi storiche nelle quali a una forte
evoluzione degli strumenti tecnici - questo o quello, nessuno escluso - corrisponde una “regressione” rispetto alla
cosiddetta “civiltà”. E naturalmente né si tratta di una esclusiva dei periodi che hanno preluso ai conflitti mondiali né è che una crisi assomiglia molto all'altra.
A tale proposito è significativa la corrispondenza tra
l'imporsi della comunicazione digitale (per semplificare un po': l'uso popolare di Internet, la vitalità dell'accesso) e certa
crisi dello Stato-nazione; fra l'ingresso nella cosiddetta èra atomica e la trasformazione del rapporto pace-guerra.
La regressione è come quando si stia per completare un puzzle di
grandi dimensioni e grande impegno e intervenga un colpo di vento, più o meno inatteso, a far
saltare tutto. Ma forse non è proprio così, se ci si pone sul terreno della
necessità storica.
Forse che la grande tecnologia, e meglio dicasi la
tecnica, giunta a un suo specifico punto di evoluzione che potremmo definire "popolare", rimette in gioco il
selvaggio, e meglio aspetti della condotta umana che si presumeva di avere
definitivamente superati e meglio sarebbe dire rimossi? Il che indurrebbe la sensazione di una implosione o di un precipizio?
Freud parlava di “regressione”, giustamente ascrivendo
alla cosiddetta "civiltà" livelli forti di rimozione e deviazione degli istinti, i quali però prima o poi avrebbero sempre potuto presentare il conto. E Nietzsche a modo suo aveva già espresso il concetto.
In tempi di regressione dunque l'indiscussa civiltà viene rimessa in discussione e la sostanza e le certezze vacillano, in barba alle presunzioni di solidità e a tacite rassicuranti presunzioni. È un po' come il vulcano dormiente, che periodicamente ha un suo risveglio e semina distruzione in villaggi e/o città.
In tempi di regressione dunque l'indiscussa civiltà viene rimessa in discussione e la sostanza e le certezze vacillano, in barba alle presunzioni di solidità e a tacite rassicuranti presunzioni. È un po' come il vulcano dormiente, che periodicamente ha un suo risveglio e semina distruzione in villaggi e/o città.
Ma si potrebbe notare come sia la storia della tecnica
una volta a riconoscere il predominio del progresso, altra volta a volere la “barbarie”, o a renderne possibile comunque, per ragioni
strutturali o di economia, la compresenza. E si potrebbe rafforzare questa
impressione considerando con sensibilità heideggeriana come col trascorrere del
tempo storico ciò che accade in relazione con l'evoluzione tecnologica altro
non sia che disvelamento della essenza di una cosa misteriosa che si chiama
tecnica.