Vittorio Alfieri |
PRIMO
PENSIERO (GLI ECCESSIVI DEMOCRATISMI)
La tirannide è alla fine una
scelta "morale" dei 'cittadini'... e, se tanto mi dà tanto, essa fa
séguito a un periodo di facili entusiasmi, fasi di vita edonistiche ed eccessi di democrazia (o rivendicazione illimitata di diritti) o, se si preferisce, eccessivi "democratismi"... (Vedasi il cd.
"paradosso della democrazia" in Platone: difficile rapporto fra
l’uomo e la libertà, impossibilità di una perfezione...)
SECONDO PENSIERO
(LE FONTI DELL’AUTORITÀ)
Dov’è
che l’autorità ha le sue fonti? Nella superstizione, nell'arrendevole motto omnis potestas a Deo, nella paura, nella ignavia, nel sentimento di conservazione di
chi possiede quanto meno abbastanza, nel principio del “contraente più forte” e
cioè nella pura legge del più forte, o nell’inguaribile intelligenza, che parla
di contratto sociale? Certo è che l’ultima può spiegare tutte le altre; e
dunque?
TERZO PENSIERO
(LA SOCIETÀ TIRANNICA)
Una società squilibrata, nel perenne disagio, nella quale i molti siano nella condizione di ammettere che si possa fare ad altri ciò che mai si vorrebbe fosse fatto a sé stessi, nella quale ai molti sia dato considerare gli altri come mezzi, è una società in cui ciascuno sa che come si lascia tiranneggiare oggi così egli potrà tiranneggiare domani - ma forse già lo sta facendo.... Ed è qui lo scranno del tiranno, che agisce arbitrariamente e con violenza, nei confronti dei beni altrui, dell'altrui vita e contro quei principi morali che sono elevabili a nobili leggi universali…
QUARTO PENSIERO (“DATE
A CESARE…”)
Se io dico “tirannide” e l’altro
mi dice: no, “dittatura”, allora comprendo: costui bada più all’imposizione
autoritaria e cioè al bastone, alla punizione corporale, alla sanzione finale -
costui cioè cammina nei territori della paura del dolore fisico -, che non alla
pratica tributaria (e da nobile e/o da gentiluomo) dell’impoverimento
progressivo mediante produzione del debito, imposizione fiscale, sino alla miseria, alla
riduzione in schiavitù e alla disperazione.
Costui non pensa al valore
centrale e supremo del rapporto di lavoro: alla decisività del lavoro
frammentato, del corporativismo, del macchinismo spiritualizzato, finanche del
solidarismo, ché se anche non vogliamo ammettere che tutto non conduce alla
schiavitù, certo dovremmo sempre saper distinguere fra questa e la tirannide.
Insomma forse l’ignoranza e
accettazione - nei fatti e atti - del contratto sociale vessatorio non dovrebbe stupirmi, ché esso e meglio il popolo che
lo sottoscrive per tacito consenso - congiuntamente con certo ‘popolo di Dio’ -
sarebbe stato un ottimo cliente del dott. Freud…
QUINTO PENSIERO (TASSE E BALZELLI)
Non date a
Cesare ciò che non è di Cesare, non date a Dio ciò che non è di Dio… Le tasse e
i balzelli dipende da chi e da come e quando li impone; e debbono essere
sottoposti al libero esame: essi possono essere infatti giusti o ingiusti,
dovuti e non dovuti. Essi cioè scorrono su una via parallela rispetto a quelle
dei governi e delle leggi… l’importante è non svegliarsi quando potrebbe essere
troppo tardi…
SESTO
PENSIERO (IL MONARCA E LA LEGGE)
La storia politica in
quanto conflitto perenne fra il monarca e la legge: può prevalere l’uno e
dovrebbe/potrebbe l’altra, ecco il succo del discorso. Ovvero, in termini
conclusivi: il monarca se può esserlo, allora è tiranno.
È lo schema suggerito a suo
tempo da Vittorio Alfieri, nel suo saggio giovanile sulla tirannide,
coevo per stesura (siamo nel 1777 ca.) della Rivoluzione francese…
Ora, la mia curiosità è la
seguente: possiamo farne ancora un buon uso, delle sottili osservazioni di
Alfieri, con riferimento alle “democrazie” occidentali?