Benito Mussolini, il duce del fascismo, già anarco-sindacalista, già socialista, già uomo della irriverente prometeica “prova dell’orologio” (grosso modo: "Dio, se esisti, ti chiedo di fulminarmi entro
cinque minuti!" - e al sesto il pubblico contadino d'occasione
s'impressionava), nella sua ascesa al potere fu salutato dalla Chiesa Romana come “uomo della Provvidenza”.
Qualcosa di analogo è avvenuto “mutatis mutandis” circa settant’anni dopo con Silvio Berlusconi. E il popolo italico, si sa, come sgradisce i fatti in quanto tali e ne ama invece la rappresentazione, così attende spesso il blessing della Chiesa, per sentirsi giustificato per ciò che fa o sente.
Vi sono in altre parole periodi storici critici, burrascosi e di forte disagio-possibile trasformazione sociale nei quali alla sensibilità comune l’orizzonte appare buio, o la
situazione economico-politico-esistenziale confusa e di difficoltà crescente, o come sospesa sul vuoto
(nel primo caso gli effetti della prima guerra mondiale, nel secondo quelli di
“mani pulite”). Ovvero anche: vi sono momenti nei quali i poveri ma non solo hanno
paura di diventare più poveri, i piccolo-borghesi vivono l'incubo della retrocessione socio-economica, i ricchi temono di perdere potestà politica e soldi, gli aspiranti ricchi le loro chances di successo e tutti - pur l'uno contro l'altro - hanno bisogno di maggiori - non limpide - 'certezze' per il futuro. Ed è allora che si cerca, in mancanza di puri e casti - l’uomo
forte, o comunque un po' superumano, che sia duca: garantisca
per tutti e infonda sicurezza.