Tanto con il movimento dei giovani anti-hegeliani (spregiativamente detti “hegelingi”...), illustrato da Löwith e
Lukàcs, Engels e Marx, la filosofia sembrò volersi ricongiungere e saldare e con la vita (economica,
sociale, quotidiana) e con
la psicologia elementare (maggiori e più forti sono gli stimoli provenienti dal mondo esterno, maggiore è la spinta regressiva e/o la pulsione di morte: Freud), quanto Max Stirner dimostra che qualunque scrittore, chiamando in causa emotivamente il pensiero dei filosofi, già nell’Ottocento sarebbe potuto essere a sua volta “filosofo”; che parimenti, per la rivendicazione della umanità concreta, un cosiddetto "filosofo" di quel secolo avrebbe potuto precorrere il sentimento sociale e politico - mettiamo - di un
Hitler, per dire: di quella piccola borghesia che tema visceralmente il precipizio della povertà (simboleggiata dai lavoratori manuali) causata-perpetuata dalla nascita e affermazione del capitalismo; e che anche Hitler fu volens nolens 'filosofo'. Che insomma ogni ribelle che sappia argomentare i suoi sentimenti vedendo castrazioni religiose e morali dovunque e scrivendo,
proclamando efficacemente, ottenendo seguaci, può essere eo
ipso detto “filosofo”, se la filosofia è fatta di parole, se essa ha dentro di sé una psicologia o
sentimenti che la sovrastino, camuffandovisi, rendendola più facilmente praticabile, più accessibile, ecc. ecc. Con il che voglio anche dire: già, non possiamo non dirci un po' stirneriani...