sabato 31 maggio 2014

Stato vs Diritto




Dire lo Stato di diritto non basta, perché tale locuzione vale a mettere insieme, a non voler appiattire il diritto nel fatto, due forze contrapposte e destinate a combattersi: lo Stato - appunto - e il diritto. Nulla di pacifico pertanto o di scontato, nonostante i molti sognino da sempre una vita calma e ordinata. 
Tale è la questione ad esempio per cui essa si pone ogniqualvolta una persona che ricopra una carica istituzionale commetta un illecito; e i suoi termini sono pressappoco i seguenti: se egli resta impunito, e/o se non rassegna le dimissioni, ciò che cosa sta a significare? Ovvero anche: tale è la questione per cui da sempre si può parlare di una legge ingiusta, di un'Amministrazione che danneggia i cittadini, opprime i più deboli, non paga i suoi debiti
Più in generale, il dato eloquente e il più dimostrativo al riguardo può essere colto qua e là ma come illustrativo della sostanza: ad esempio esistevano anticamente il fiscus principis e il fas - a legittimazione del ruolo sacro dei re; una volta il principe era grosso modo lo Stato, oppure egli era ritenuto legibus solutus, sciolto cioè dai vincoli della legge umana. Esisteva quale regola nell’età di mezzo e non solo in occidente il diritto divino del re e nell’età moderna si ebbero le monarchie assolute: si tramanda che un giorno - era il 13 aprile del 1655 - Luigi XIV di Francia, il “re Sole”, avrebbe detto, al cospetto del parlamento di Parigi, l’état c’est moi!
Ora io mi domando anche: se lo Stato è stato immaginato dal pensiero come Behemoth, o come Leviathan (sono i titoli di due opere di Hobbes), che ne viene? Non è forse allora la scelta stessa dell’immagine a parlare? Proprio a favore di una mostruosità che va accettata pur sapendola tale; o se vogliamo di un mondo che conserva in sé ancora del selvaggio, nel quale però l’indigeno modernizzato nemmeno più bastona il suo totem, perché non è quello il suo padrone?