giovedì 5 agosto 2021

Agostino e Cartesio


“Noi ravvisiamo in noi l’immagine di Dio, cioè della somma Trinità. Certamente non è eguale, anzi assai differente e non coeterna e, per dir tutto in breve, non della medesima esseità di cui è Dio. 

Tuttavia è tale che nessuna delle cose da lui create gli è più vicina nell’essere ed è ancora da perfezionarsi in un rinnovamento continuo perché gli sia sempre più vicina nella somiglianza. Noi esistiamo infatti, abbiamo coscienza di esistere e amiamo il nostro esistere e l’averne coscienza. E per quanto riguarda queste tre dimensioni che ho detto, non ci rende incerti l’aspetto illusorio di una copia del vero. Non ce le rappresentiamo infatti col senso corporeo allo stesso modo degli oggetti esterni, come percepiamo i colori con la vista, i suoni con l’udito, gli odori con l’olfatto, i sapori col gusto, i corpi duri e morbidi col tatto o come riproduciamo in una rappresentazione o conserviamo nella memoria le immagini molto simili e non più corporee di questi sensibili o come siamo stimolati mediante tali immagini all’appetizione dei sensibili stessi. Ed è assolutamente certo al di là dell’illusoria apparenza delle immaginazioni e delle immagini, che io esisto e che ne ho coscienza e amore. In relazione a questi tre oggetti non si ha il timore dell’obiezione degli accademici: ‘E se t’inganni?’. ‘Se m’inganno, esisto’ . Chi non esiste, non si può neanche ingannare e per questo esisto se m’inganno. E poiché esisto se m’inganno, non posso ingannarmi d’esistere, se è certo che esisto perché m’inganno. Poiché dunque, se m’ingannassi, esisterei, anche se m’ingannassi, senza dubbio non m’inganno nel fatto che ho coscienza di esistere. Ne consegue che anche del fatto che ho coscienza di aver coscienza non m’inganno. Come ho coscienza di esistere, così ho coscienza anche di aver coscienza. E quando faccio oggetto di amore queste due cose, aggiungo un terzo aspetto di inestimabile valore alle cose di cui ho coscienza. Non posso ingannarmi di amare, poiché non m’inganno sulle cose che amo ed anche se esse ingannano, è vero che amo cose che ingannano. Infatti non v’è motivo d’essere giustamente biasimato e giustamente trattenuto dall’amore delle cose false, se è falso che le amo. Al contrario, se quei due oggetti sono veri e certi, non si può dubitare 

Che anche l’amore verso di loro, nell’atto che sono amati, è vero e certo. E come non si vuole non esistere, così non si vuole non esser felici. E non si può esser felici se non si esiste. Universale desiderio dell’esistenza”. 

Questo è il “De Civitate Dei”, XI, 26. E alle volte penso che forse sant’Agostino sarebbe potuto essere un Cartesio “ante litteram” (“Noli foras ire; in te redi, in interiore homine habitat veritas”: “De vera religione”, 39, 72), se fossero state distribuite diversamente nel suo pensiero fede e ragione… E certo non si tratta di cosa di poco conto…