domenica 28 aprile 2013

Breve storia del bipartitismo "italiano" (questioni di quale laboratorio?)




Se è condivisibile la tesi per cui il bipartitismo perfetto non è mai esistito ed è d’impossibile attuazione, poiché nella loro storia i paesi anglossassoni hanno dovuto accettare come necessaria l’esistenza di un terzo partito minoritario ma chiamato a garantire, attraverso una più ragionevole ripartizione del consenso, gli equilibri finali nei rapporti di forza, allora si può anche parlare di un bipartitismo italiano, o all’italiana, che oggi è in crisi; fenomeno che dovrebbe suscitare curiosità e senso di approfondimento, per non dire malinconia.
È singolare, innanzi tutto, che per aversi tale bipartitismo servisse la crisi del sistema dei partiti classici, una ondata di scandali, con la nascita di nuovi partiti che non sarebbero stati più tali ma piuttosto superpartiti; l'occaso della libera articolazione del pensiero, qualcosa come travestimenti; e se non sarebbe servita subito una legge elettorale ad hoc (ma col tempo essa si sarebbe resa necessaria, in senso organico, quale ulteriore garanzia conservativa), servivano certi movimenti finanziari mirati, nuovi flussi di legittimazione per forme rozze di autoritarismo e un nuovo leader, uno che quanto meno desse il “là”. Al che si è indotti a ritenere che tale bipartitismo dovesse essere come una immagine ritagliata, procurata, un mito e cioè una fiaba; una solida finzione.

martedì 23 aprile 2013

La follia dei Cristiani (testimonianze dei primi nemici)




Cercare di capire il cristianesimo delle origini attraverso i testi dell’anticristianesimo di allora (siamo nei secoli che vanno dal I al V) è un utile esercizio del pensiero. 
Negli scritti di autori quali Celso e Porfirio, Epitteto e Marc’Aurelio, Galeno di Pergamo e Luciano di Samosata (merita ricordare al riguardo la silloge curata nel 1992 da Fabio Ruggiero) ciò che emerge è la follia dei cristiani: la loro insensatezza (aponòia), la loro amentia (il termine origina da Cicerone: Cat. II, 25), la alogìa (Epitteto), l'essere fra il disgraziato e l'imbecille (Luciano usa il termine greco kakodaìmon), l’antifilosoficità, la pratica della magia (Svetonio), il fanatismo, una ridicola credulità puerile, l’assenza totale della paura di morire, l’imbattibile vocazione - e provocazione - al martirio; in poche parole tanto la dabbenaggine quanto il fanatismo, quanto la irrazionalità, quanto la rozzezza. 
il filosofo Celso
Quegli scrittori, di cui spesso s’ignorano persino i nomi, si posero a baluardo della cultura antica. Era il loro un buon polemismo, nel quale si possono ravvisare umanismo e voltairismo ante litteram; ma quella era solo la cultura raffinata dei Gentili e ad essi non restò che rappresentare un mondo sul quale già era calata la nostalgia: se scrivevano, era perché la storia aveva già deciso. 

domenica 14 aprile 2013

Costituzione formale e diritti fondamentali




La nostra Costituzione formale assicura la tutela dei diritti e libertà fondamentali dell’uomo ma poi non dice esattamente quali siano quei diritti, e meglio: non li elenca; ma poiché non può non renderli riconoscibili è rimesso alla giurisprudenza e alla dottrina, in accordo con la evoluzione delle cose, parlare per conto del testo costituzionale, stabilire cioè valori con riferimento ad esso.
Checché ne dicano certi paladini della costituzione materiale, la costituzione formale ha già in sé necessariamente un principio di materialità, altrimenti non sarebbe tale - perché essa non è un sistema chiuso ed è in fieri, non soltanto quale dover-essere giuridico, non solo quale valore d’interpretazione, non solo perché a giurisprudenza e dottrina è dato svilupparne il senso e i contenuti; ma perché essa non tradirà mai interagendo con essa quella società e/o civiltà rispetto alla quale essa sarà come una struttura logica e letteraria aperta (diritti e doveri).
La nostra costituzione formale dedica ai principi (che in essa - si fa spesso notare - non sono preambolo, dunque non sono testo a sé) i 12 articoli iniziali.
La dottrina insegna poi che quattro o poco più sono i principi fondamentali e cioè informatori dell’intero testo: l'egualitario, il personalista, il lavorista, il pluralista, l’internazionalista, ecc… I quali tutti possono essere se non assorbiti certo ricondotti a quello personalista: rispetto e dignità della persona, in primis, ora dedicandole un reddito e un lavoro, poi la salute, poi un processo equo, poi libertà di manifestazione del pensiero e religiosa, ecc. E qui entriamo appunto nella zona di competenza della interpretazione; qui ci s’interroga sui diritti fondamentali.