domenica 21 luglio 2013

Per una reinterpretazione in senso democratico della costituzione “materiale”




Spesso i suoi fautori pensano la costituzione materiale in contrapposizione alla costituzione formale. Spesso emerge dalle loro posizioni realistiche l’antilluminismo dei romantici dell’ottocento, certo corroso e ridicolizzato dal tempo storico e sempre alla ricerca di teorizzazioni d’occasione.
Ma è bene chiarire subito un concetto: non si dà oggi e non da oggi moderno Stato senza costituzione, e alludo alla costituzione formale, ovvero a un testo composto di disposizioni scritte, inserito in modo gerarchicamente autorevole nel cosiddetto “diritto positivo”. E se questo è ammissibile, e taluno cita imprudentemente Aristotele e la sua politeìa, allora la costituzione materiale può essere pensata in più modi: in uno regressivo, ante rivoluzione francese e in uno progressivo, come accade da ultimo in un limpido intervento del prof. Bettinelli sulla questione della democrazia diretta, segnatamente dell’istituto referendario. Il quale autore parlando di “arricchimento istituzionale”, constata negli sviluppi della nostra storia popolar-costituzionale una “riesumazione” e di lì un ricorso crescente a questo istituto, segnatamente nella sua tipologia abrogativa, su temi importanti per i nostri costume e morale nazionale. E ciò sarebbe avvenuto ed è avvenuto dagli anni settanta in poi, dopo che - va sottolineato - quell’istituto era uscito ridimensionato dai lavori della Costituente (e anche oggi accade che le istituzioni tentino di porre un freno all'istituto). E all’aspetto formale aggiungerei necessariamente quello sostanziale, relativo cioè al contenuto o tenore normativo, che deve valere a spiegare anche quello formale, in base a un principio d’inseparabilità.

I "due" parlamenti




La questione che attanaglia da tempo, in una crisi che direi lunga, il ruolo e senso delle nostre camere parlamentari sembra essere il fatto che non si comprenda, nella tempesta in cui si trova il vascello della “repubblica nazionale”, che il problema non è sic et simpliciter nell’architettura delle camere e nei diversi criteri di formazione o rappresentatività di esse, o quello della utilità o meno del Senato o Camera Alta, o ancora quello della crisi della rappresentanza, che (è il suo quid novi) ha investito l’asse partitico, il che è assai allarmante; ma dirò subito che forse c’è e non c’è.
Tutti temi che per chi sappia un po’ di storia costituzionale (già, perché questa materia esiste e non da oggi…) risultano tutt’altro che nuovi, per essere quelli tipici delle strutture istituzionali, in parte quegli stessi dei lavori - tutt’altro che pacifici, contrariamente alle immagini rassicuranti - della nostra Costituente; ma la questione di fondo è nel fatto che possiamo pensare all’esistenza o avere davanti agli occhi l’immagine di due parlamenti, la cui configurazione nonché funzione oscillano simbolicamente fra un prima e un dopo rivoluzione francese.