domenica 17 febbraio 2013

Gli eredi di Pietro (quaestiones circa Romanos Pontifices)




Che cosa è più "rivoluzionario"? La morte inattesa, prematura - e cioè non convincente - di un papa o, in alternativa inquietante, le sue altrettanto inattese dimissioni (un rimettere gli effetti alle cause) dalla carica? E anche: si tratta di gesti di forza, o di debolezza? 
Certo il ministerium Petri è assai impegnativo; ma - mi domando - non lo è troppo, a rigor di logica, e il peso non si fa insostenibile (e nemmeno quel Dio che ti costringe amorevolmente ad accettare ti può dare la forza), allorquando ci si debba inchinare ai compromessi, non volendolo più fare? Oppure quando il bene e il sentimento religioso si senta che sono altrove, rispetto alla loro sede istituzionale, o che sono fuggiti via? O quando ci si senta vanificati in ogni volontà di miglioramento? 
In generale, il carattere rivoluzionario di un gesto è direttamente proporzionale alla importanza della carica che si ricopre. Ma è veramente quello del papa tedesco, amico di Habermas, un gesto rivoluzionario? O non piuttosto la pubblica opinione dice “rivoluzione” per dire “sensazionalità”? Ché si tratta di un atto che suscita clamore e toglie qualche ragnatela dai muri, distraendo se non altro da uno stato d’ipnosi e da tanta pigrizia mentale, nella interpretazione della cattolicità