All’improvviso - stavo leggendo un libro di recente edizione
dedicato a un polemista cattolico e al suo pensiero sulla legittimità del
Risorgimento nazionale -, ripensando alle dichiarazioni rese in questi
giorni in televisione da alcuni parlamentari, già esponenti politici del cosiddetto "centro-destra", sono stato raggiunto da una sorta di
folgorazione: abbiamo dunque nuovamente - mi sono detto - una Italia "liberale"? Addirittura una nuova Italia, culla del liberalismo? E meglio:
coloro che prima facevano un po’ come i "cattolici liberali" di
Francesco de Sanctis, scettici ma che si battevano il petto in Chiesa, ora
proclamano, quasi a procurarsi un nascondiglio, o una verginità di pensiero:
“io mi considero un liberale”, “io sono sempre stato liberale”.
E mi viene in mente a questo proposito il motto di un docente presso la facoltà di Scienze politiche della università "La Sapienza": i liberali sono imprevedibili. Già, ma non lo sono forse anche gli illiberali?; e il problema è: in che senso? O che non fosse semplicemente una battuta nobilitante? Eppoi è comunque verosimile che così il liberalismo si ripresenti un po' come quello di sempre nella mente dei più: per significare tutto e niente.
E mi viene in mente a questo proposito il motto di un docente presso la facoltà di Scienze politiche della università "La Sapienza": i liberali sono imprevedibili. Già, ma non lo sono forse anche gli illiberali?; e il problema è: in che senso? O che non fosse semplicemente una battuta nobilitante? Eppoi è comunque verosimile che così il liberalismo si ripresenti un po' come quello di sempre nella mente dei più: per significare tutto e niente.
Ma si tratta veramente, considerando chi ne parla, di liberalismo? Non so in quanti fra costoro abbiano letto o riletto (non voglio dire meditato) gli scritti
di Benedetto Croce, di storiografia e di filosofia; non so in quanti siano
disposti oggi, riallacciandosi a Bertrando Spaventa e allo stesso Croce, a
qualificarsi come neo-idealisti, concetto credo non poco arduo per un pensiero
che se è debole non lo è innanzi tutto nei suoi teorici.
Giovanni Giolitti |
Staremmo allora vivendo forse un nuovo Risorgimento, con la sua
ideologia laica e antitemporalista?
Ma questi signori liberali dell’oggi come di sempre, non sono forse quegli stessi
che in tempi non troppo remoti si sono schierati in Parlamento (in tema di
fecondazione e di eutanasia) contro ogni morale laica, o di progresso
civile di legislazione? Non si sono già dimostrati costoro dei neo-oscurantisti
o, se si preferisce, ombre allungate del medioevo?
Credo di capire a questo punto che un qualsiasi confronto con la
storia italiana del liberalismo politico rischi di essere disastroso. Vedo cioè
una sostanziale inadeguatezza e troppa confusione; ma v’è dell’altro.
Mi sono detto infatti: forse che costoro sono liberali dal punto
di vista della economia? Forse semplicemente credono nella libera iniziativa, nel libero
mercato, nel laissez-faire e laissez-passer? Ma questo non sarebbe per fare più rumore, col mito dell'arricchimento, dell' "abbiamo fame" del popolo; non sarebbero messaggi in mala fede o culturetta da settimana enigmistica; e non avrebbe affermato lo stesso Croce nella Storia
d'Europa, che "il liberalismo non coincide col cosiddetto liberismo
economico" e che il laissez-faire sarebbe regola empirica, "valida in certe
circostanze, e non valida in circostanze diverse"?
E di più, dati i tempi, non sarebbero i nostri amici,
"liberali" da sempre, favorevoli all’abbattimento delle regole più
elementari, di morale e di diritto? Ovvero il liberismo, e meglio il
neo-liberismo, quanto oggi sono pensabili seriamente e responsabilmente? Laddove l'incoscienza spiega il fatto che si usino superficialmente formule di secoli fa, in un contesto quale quello odierno assai problematico e rischioso per la stessa economia globale o globalizzata?
Saremmo in questo, per chi sa di Kant e del suo progetto di
legislazione e pace universale, o internazionale, a livelli pre-kantiani. Ma,
ciò che più sorprende, è che saremmo entro spazi pre-hobbesiani. La confusione
è grande, mi sembra di capire, e ignoranza e regressione fanno italianamente cultura.
Credo davvero, a quanto mi ha fatto intendere quel polemista
cattolico, che il nostro Risorgimento sia un che di perennemente inattuato.
Così è, debbo ammetterlo, in un Paese che ha saputo fare della confessione
cattolica (anche) la leva per privare lo Stato e la politica di ogni morale.
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