La questione che attanaglia da tempo, in una crisi che
direi lunga, il ruolo e senso delle nostre camere parlamentari sembra essere il
fatto che non si comprenda, nella tempesta in cui si trova il vascello della “repubblica
nazionale”, che il problema non è sic et
simpliciter nell’architettura delle camere e nei diversi criteri di formazione
o rappresentatività di esse, o quello della utilità o meno del Senato o Camera Alta,
o ancora quello della crisi della rappresentanza, che (è il suo quid novi) ha investito l’asse
partitico, il che è assai allarmante; ma dirò subito che forse c’è e non c’è.
Tutti temi che per chi sappia un po’ di storia
costituzionale (già, perché questa materia esiste e non da oggi…) risultano
tutt’altro che nuovi, per essere quelli tipici delle strutture istituzionali,
in parte quegli stessi dei lavori - tutt’altro che pacifici, contrariamente alle immagini rassicuranti - della nostra
Costituente; ma la questione di fondo è nel fatto che possiamo pensare all’esistenza
o avere davanti agli occhi l’immagine di due parlamenti, la cui configurazione
nonché funzione oscillano simbolicamente fra un prima e un dopo rivoluzione
francese.
Meglio ancora: esiste una figura di parlamento collegata
con le moderne costituzioni lunghe le quali sono chiamate per natura a regolare
la vita e dello Stato e del popolo (Stato-apparato, come si dice, e Stato-comunità) e a mettere
chiarezza e ordine in tutte le materie, comprese necessariamente quelle sociale e del lavoro, enunciando una serie
di principi da rispettare e dunque di giudizio, denotando in questo una crescita della civiltà e
cultura giuridiche; ed esistono parlamenti che a quel collegamento tendono a sfuggire
e/o sfuggono, nei fatti, esibendo, rispetto ai progressi della cultura giuridica, patenti segni di regressione. È insomma una questione, a voler semplificare le
cose, di spirito storico.
I parlamenti, si sa, esistono quanto meno dall’alto
medioevo ed è a questa epoca nonché a quella delle monarchie assolute (laddove
è assai forte nelle camere l’influsso di ministri, sovrani e cortigiani) che io alludo
quando parlo della seconda tipologia. Essi sono parlamenti corporativi, retti dal privilegio e dalla negazione del principio di eguaglianza; chiusi in sé a riccio, che hanno problemi interni, sostanzialmente di lotta per il potere, dunque propri (laddove imperversano camarillas,
con cortigiani e cortigiane a incidere sulle somme decisioni politiche) e non generali, che prevalgono
sui problemi politici e reali riguardanti la comunità. Sono giurisdizioni in proprio (interna corporis) le quali creano esse stesse problemi che fuorviano
ogni risorsa rispetto ai bisogni del paese reale e che coinvolgono negativamente
la vita delle popolazioni, in cui cresce alla fine la negatività.
Avvertivo chiaramente il concetto sere fa, comparando i
notiziari televisivi locali e provinciali a quelli di rilievo nazionale. E la
sensazione era netta: i vari territori, con i sindaci, le province e le regioni, hanno politicamente e cioè amministrativamente un loro tono e linguaggio
problematici, dotati di concretezza, immediatezza e vitalità e lì la questione
generale non riesce a nascondere o a rimuovere quella particolare e quotidiana,
mostrandone anzi le distanze. Lì la non soluzione politica non riesce a scacciare
la concretezza e dunque almeno sotto questo profilo la rappresentatività può
essere ritenuta ancora questione viva. Sanità, trasporti e tributi - al pari di
ogni sorta di crimine - sono temi effettivamente vissuti su cui chi non può non
viverli può esprimere la sua opinione in modo vero e competente - il che se non
esclude né corruzione né mafiosità né inettitudine né rassegnazione popolare, non
esclude nemmeno la concretezza dei problemi quali problemi politici.
Ma a quel punto i notiziari generali (i telegiornali
classici dei principali canali televisivi) mostrano come quei temi, divenendo
di ordine nazionale, perdano il loro indice di concretezza e di testimonianza
popolare o sociale; il che può anche spiegare le tentazioni, da più parti, di
cambiare la Costituzione formale o rafforzando l’esecutivo, o abolendo le
province, tutte credo sintomatologie, che squilibrano il principio della
separazione o divisione dei poteri.
Oggi quello che accade ogni giorno ed è visibile finalmente in
televisione è che il famoso palazzo di pasoliniana memoria - dunque la
crisi è davvero lunga - è qualcosa di tangibile. È il palazzo, dei falsi
problemi corporativi, che rappresenta sé stesso e interessi privilegiati, in
barba ai controlli della magistratura contabile e alla dottrina di un Mortati,
che parlava per esservi giunto per via razionale di rappresentanza degli
interessi della nazione.
Ma ancor meglio e più realisticamente: ciò che si ha ora è una oscillazione,
fra due parlamenti o se si preferisce - essendovi per così dire parlamenti e
parlamentini - fra due immagini di parlamento.
Ed è comunque che qui io mi scuso per non aver parlato di economia
e per essere dunque la descrizione in qualche modo incompleta.
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