L'immagine in 3D del volto di Robespierre resa da Visualforensic |
Il volto di Robespierre, l'Incorruttibile, in articulo mortis, profondamente segnato dal vaiolo - e anche da una malattia immunitaria rara quale la sarcoidosi, secondo una diagnosi postuma di Ph. Charlier e Ph. Froesch -, reso in 3D: ecco una rivelazione, qualcosa di suggestivo, un modo interessante, fra il ricostruttivo e l'appropriativo, cui non siamo abituati, di documentare la storia; un po’ staccandosi dal nome nominato, un po’ indugiando sulla persona. Comunque - e qui la tecnica è l'essenziale - manipolando, per accostarsi alla verità.
Un Robespierre quasi «fotografato», non già immaginato
mentalmente sulla base di letture, o ritratto in un’opera di pittura - e/o
stancamente sublimato. Una ricostruzione comunque utile, anche a voler
confermare certe risultanze sulle cattive condizioni di salute del leader giacobino: problemi alla vista, frequente emissione di sangue dal
naso, astenia, ulcere alle gambe e lesioni della pelle del volto, cicatrici del
vaiolo contratto in età giovanile; sino a giungere retrospettivamente a parlare
di sarcoidosi diffusa, con «compromissione degli occhi, delle alte vie
respiratorie, del fegato e del pancreas».
E tanto è vero che Maximilien aveva contratto il vaiolo da ragazzo quanto che la stessa cosa era accaduta a Danton - stando almeno alla biografia scritta da Robinet -, quanto che i giacobini avevano fatto della vaccinazione antivaiolosa una loro bandiera.
E tanto è vero che Maximilien aveva contratto il vaiolo da ragazzo quanto che la stessa cosa era accaduta a Danton - stando almeno alla biografia scritta da Robinet -, quanto che i giacobini avevano fatto della vaccinazione antivaiolosa una loro bandiera.
Abbiamo così due Robespierre: uno con i piedi a terra, con
il suo viso, il suo corpo, il suo stato di salute e uno rivoluzionario che è
quello ideale, sostanzialmente nominato senza saperne più di tanto, ovvero congeniale a certi
libri di storia vecchia maniera.
Dunque Rivoluzione francese, malattie endemiche e malattie rare, legami utili al sapere e al superamento delle pure scritture e dei pour parler. In questo modo il personaggio per così dire «si apre», si presta e la riflessione storica si fa più minuziosa, nel mentre quello perde qualcosa della sua compattezza mitologica. Già: la cultura storica è sapere i fatti ed è conoscenza, in tale direzione.
Un ritratto di Robespierre |
Quello di Robespierre è il volto stesso della Rivoluzione:
così grosso modo titolava La Repubblica nel
dare risalto a certe iniziative di ricostruzione digitale; lo è dell’uomo
del Terrore rimasto solo (lasciamo pur stare lo «sguardo di
ghiaccio» che incute paura, del titolo del giornale e il
«volto glaciale» dell'annuncio di RaiNews, ché anche dovremmo conciliarli con l'immagine dell'uomo piuttosto timido, descritta da Sieburg),
che in molti - non ultimi gli uomini delle banche e dei patrimoni - oramai
consideravano un tiranno sanguinario e certo odiavano; ma si deve anche pensare
che è il Robespierre catturato nell'Hôtel de
Ville e ghigliottinato morente (la mandibola fracassata da un colpo
di pistola, forse sparato dal gendarme Charles-André Merda - cognome che Napoleone avrebbe fatto cambiare in Meda -, forse partito accidentalmente dalla sua
stessa pistola; lo sguardo perso guardando fissamente in cielo) in Place de la
Révolution nel luglio del 1794, ciò che sarebbe dato vedere.
Il ferimento di Robespierre |
Certo è che di fronte a una ricostruzione facciale si può
avvertire per contrasto il limite dell’astratta conoscenza e dell’idealismo
storico legati alla cultura letteraria; certo è dato apprezzare nel nostro caso
la malattia scritta nel viso; ma anche non vi si nota alcun senso
tragico, alcun segno della mandibola devastata e tenuta legata alla testa da
una fasciatura improvvisata, o della copiosa perdita di sangue. Il dramma del
vaiolo e non solo del vaiolo dunque, che nasconde però qualcosa, quasi liberando quel volto dai tragici eventi finali che dovettero presumibilmente sfigurarlo. E qui forse il giudizio un po’ va lasciato
stare… Siamo di fronte a un volto della storia non per un vacuo modo di dire ma anche
non senza un minimum di gusto figurativo.
L’immagine digitale tridimensionale, pubblicata da
Visualforensic, un website francese, un atelier specializzato
in ricostruzioni facciali, è stata ricavata da una copia della maschera in cera
conservata presso il Museo di storia naturale di Aix-en-Provence, autrice certa
Madame Tussaud, alla quale durante la Rivoluzione Francese fu affidato il
compito di ricavare calchi dalle teste mozzate dei ghigliottinati; un incarico
nemmeno tanto singolare, se si considera l’effetto finale, d’illustrazione in
memoria, o di probatio, che è sotto gli occhi di tutti.
Dalla cera dunque al digitale - ecco un aspetto che
merita comunque considerazione -; da una memoria di massa all’altra, sfidando
il tempo, in forza dell’antica consuetudine delle maschere funerarie; storie
che s’intrecciano con storie; e si scopre ancora una volta che ve n’è una di
mezzi, accanto a quella degli uomini e che è sulla prima almeno tanto quanto
sulla seconda che il sapere deve sempre poter contare. E qui se non altro si
vuole intanto lodare il mezzo, la tecnica realizzativa, limitatamente a quanto
essa può riprodurre per sua natura o in dipendenza della volontà degli uomini.
La signora Tussaud, fondatrice del celebre Museo delle
cere di Londra, città nella quale ella sarebbe migrata nel 1802 durante il
periodo napoleonico ivi poi ricongiungendosi con i figli, al momento
dell’esplosione rivoluzionaria dell’ ‘89 era ospite fissa a Corte e dunque,
sospettata di simpatie verso la monarchia, fu condannata a morte; ma la
esecuzione della pena fu annullata proprio all’ultimo momento allorquando le fu
affidato quell’incarico, in virtù della sua abilità di scultrice.
Certo chi avesse inteso graziare in quel modo la
signora Tussaud - ché non si può dire fosse questo il movente - o semplicemente
sospenderne la esecuzione capitale, o chi volesse comunque documentare e
immortalare momenti e figure della Grande Rivoluzione legati al suo simbolo più
suggestivo, la ghigliottina, forse sapeva di seguire una consuetudine con
profonde radici storiche (si pensi alla maschera del faraone Tutankamen); mai però avrebbe
potuto sospettare, al pari degli antichi Egizi, che una maschera funeraria
fosse traducibile in qualcosa di facilmente istantaneamente godibile in una
rete comunicativa globale, quasi si trattasse di fotografie o d’immagini in
diretta e certo non per un esclusivo senso estetico.
Dunque senza tecnologia raffinata nessun progresso,
nessun piccolo miracolo e dunque bisogna sempre insistere con le tecniche
migliori per una crescita nelle conoscenze storiche.
Nel nostro caso ciò avviene attraverso la
ricostruzione del volto di un protagonista della vita politica moderna, che
altrimenti sarebbe stato relegato nel racconto, nella narrazione, nella
suggestione del linguaggio; e altri ve ne sono di volti illustri, visibili
presso quel sito - quali quelli di Pietro III d’Aragona (1240-1285), di Enrico IV (1553-1610), di Simon Bolivar (1783-1830) -, identificazioni
cranio-facciali, sviluppate sempre in 3D. Forse ciascuna
ricostruzione può dare un contributo diverso alla conoscenza e ancor prima al
sapere; nel caso di Robespierre ciò che è notevole è come in un volto si
possano cogliere aspetti storici, clinici ecc. potendo comprendere come le
malattie al pari delle calamità naturali e dei fatti di natalità e mortalità,
siano parte del corso della storia, tanto quanto le guerre e meglio le
battaglie. Una storia la si dica pure «minima» ma alla cui lettura eravamo
stati invitati nel seicento da Pierre Bayle, chiaro precursore
dell’illuminismo.
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