martedì 7 gennaio 2014

I volti della storia (uno e più Robespierre)





Robespierre, il volto della rivoluzione: la ricostruzione in 3D
L'immagine in 3D del volto di Robespierre resa da Visualforensic


Il volto di Robespierre, l'Incorruttibilein articulo mortis, profondamente segnato dal vaiolo - e anche da una malattia immunitaria rara quale la sarcoidosi, secondo una diagnosi postuma di Ph. Charlier e Ph. Froesch -, reso in 3D: ecco una rivelazione, qualcosa di suggestivo, un modo interessante, fra il ricostruttivo e l'appropriativo, cui non siamo abituati, di documentare la storia; un po’ staccandosi dal nome nominato, un po’ indugiando sulla persona. Comunque - e qui la tecnica è l'essenziale - manipolando, per accostarsi alla verità. 
Un Robespierre quasi «fotografato», non già immaginato mentalmente sulla base di letture, o ritratto in un’opera di pittura - e/o stancamente sublimato. Una ricostruzione comunque utile, anche a voler confermare certe risultanze sulle cattive condizioni di salute del leader giacobino: problemi alla vista, frequente emissione di sangue dal naso, astenia, ulcere alle gambe e lesioni della pelle del volto, cicatrici del vaiolo contratto in età giovanile; sino a giungere retrospettivamente a parlare di sarcoidosi diffusa, con «compromissione degli occhi, delle alte vie respiratorie, del fegato e del pancreas». 
E tanto è vero che Maximilien aveva contratto il vaiolo da ragazzo quanto che la stessa cosa era accaduta a Danton - stando almeno alla biografia scritta da Robinet -, quanto che i giacobini avevano fatto della vaccinazione antivaiolosa una loro bandiera. 
Abbiamo così due Robespierre: uno con i piedi a terra, con il suo viso, il suo corpo, il suo stato di salute e uno rivoluzionario che è quello ideale, sostanzialmente nominato senza saperne più di tanto, ovvero congeniale a certi libri di storia vecchia maniera. 

Dunque Rivoluzione francese, malattie endemiche e malattie rare, legami utili al sapere e al superamento delle pure scritture e dei pour parler. In questo modo il personaggio per così dire «si apre», si presta e la riflessione storica si fa più minuziosa, nel mentre quello perde qualcosa della sua compattezza mitologica. Già: la cultura storica è sapere i fatti ed è conoscenza, in tale direzione. 

Un ritratto di Robespierre
Quello di Robespierre è il volto stesso della Rivoluzione: così grosso modo titolava La Repubblica nel dare risalto a certe iniziative di ricostruzione digitale; lo è dell’uomo del Terrore rimasto solo (lasciamo pur stare lo «sguardo di ghiaccio» che incute paura, del titolo del giornale e il «volto glaciale» dell'annuncio di RaiNews, ché anche dovremmo conciliarli con l'immagine dell'uomo piuttosto timido, descritta da Sieburg), che in molti - non ultimi gli uomini delle banche e dei patrimoni - oramai consideravano un tiranno sanguinario e certo odiavano; ma si deve anche pensare che è il Robespierre catturato nell'Hôtel de Ville e ghigliottinato morente (la mandibola fracassata da un colpo di pistola, forse sparato dal gendarme Charles-André Merda - cognome che Napoleone avrebbe fatto cambiare in Meda -, forse partito accidentalmente dalla sua stessa pistola; lo sguardo perso guardando fissamente in cielo) in Place de la Révolution nel luglio del 1794, ciò che sarebbe dato vedere. 

Il ferimento di Robespierre
Certo è che di fronte a una ricostruzione facciale si può avvertire per contrasto il limite dell’astratta conoscenza e dell’idealismo storico legati alla cultura letteraria; certo è dato apprezzare nel nostro caso la malattia scritta nel viso; ma anche non vi si nota alcun senso tragico, alcun segno della mandibola devastata e tenuta legata alla testa da una fasciatura improvvisata, o della copiosa perdita di sangue. Il dramma del vaiolo e non solo del vaiolo dunque, che nasconde però qualcosa, quasi liberando quel volto dai tragici eventi finali che dovettero presumibilmente sfigurarlo. E qui forse il giudizio un po’ va lasciato stare… Siamo di fronte a un volto della storia non per un vacuo modo di dire ma anche non senza un minimum di gusto figurativo. 

L’immagine digitale tridimensionale, pubblicata da Visualforensic, un website francese, un atelier specializzato in ricostruzioni facciali, è stata ricavata da una copia della maschera in cera conservata presso il Museo di storia naturale di Aix-en-Provence, autrice certa Madame Tussaud, alla quale durante la Rivoluzione Francese fu affidato il compito di ricavare calchi dalle teste mozzate dei ghigliottinati; un incarico nemmeno tanto singolare, se si considera l’effetto finale, d’illustrazione in memoria, o di probatio, che è sotto gli occhi di tutti.
Dalla cera dunque al digitale - ecco un aspetto che merita comunque considerazione -; da una memoria di massa all’altra, sfidando il tempo, in forza dell’antica consuetudine delle maschere funerarie; storie che s’intrecciano con storie; e si scopre ancora una volta che ve n’è una di mezzi, accanto a quella degli uomini e che è sulla prima almeno tanto quanto sulla seconda che il sapere deve sempre poter contare. E qui se non altro si vuole intanto lodare il mezzo, la tecnica realizzativa, limitatamente a quanto essa può riprodurre per sua natura o in dipendenza della volontà degli uomini.

La signora Tussaud, fondatrice del celebre Museo delle cere di Londra, città nella quale ella sarebbe migrata nel 1802 durante il periodo napoleonico ivi poi ricongiungendosi con i figli, al momento dell’esplosione rivoluzionaria dell’ ‘89 era ospite fissa a Corte e dunque, sospettata di simpatie verso la monarchia, fu condannata a morte; ma la esecuzione della pena fu annullata proprio all’ultimo momento allorquando le fu affidato quell’incarico, in virtù della sua abilità di scultrice.
Certo chi avesse inteso graziare in quel modo la signora Tussaud - ché non si può dire fosse questo il movente - o semplicemente sospenderne la esecuzione capitale, o chi volesse comunque documentare e immortalare momenti e figure della Grande Rivoluzione legati al suo simbolo più suggestivo, la ghigliottina, forse sapeva di seguire una consuetudine con profonde radici storiche (si pensi alla maschera del faraone Tutankamen); mai però avrebbe potuto sospettare, al pari degli antichi Egizi, che una maschera funeraria fosse traducibile in qualcosa di facilmente istantaneamente godibile in una rete comunicativa globale, quasi si trattasse di fotografie o d’immagini in diretta e certo non per un esclusivo senso estetico.

Dunque senza tecnologia raffinata nessun progresso, nessun piccolo miracolo e dunque bisogna sempre insistere con le tecniche migliori per una crescita nelle conoscenze storiche.
Nel nostro caso ciò avviene attraverso la ricostruzione del volto di un protagonista della vita politica moderna, che altrimenti sarebbe stato relegato nel racconto, nella narrazione, nella suggestione del linguaggio; e altri ve ne sono di volti illustri, visibili presso quel sito - quali quelli di Pietro III d’Aragona (1240-1285), di Enrico IV (1553-1610), di Simon Bolivar (1783-1830) -, identificazioni cranio-facciali, sviluppate sempre in 3D. Forse ciascuna ricostruzione può dare un contributo diverso alla conoscenza e ancor prima al sapere; nel caso di Robespierre ciò che è notevole è come in un volto si possano cogliere aspetti storici, clinici ecc. potendo comprendere come le malattie al pari delle calamità naturali e dei fatti di natalità e mortalità, siano parte del corso della storia, tanto quanto le guerre e meglio le battaglie. Una storia la si dica pure «minima» ma alla cui lettura eravamo stati invitati nel seicento da Pierre Bayle, chiaro precursore dell’illuminismo. 

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